Hilaria (dal latino "hilaris", gioioso), festività celebrata dai Romani il 25 marzo in onore della dea Cibele, madre degli Dei (Macrobio, Saturnalia, i, 21).
Il giorno della celebrazione era quello successivo all'equinozio di primavera, ovvero il primo giorno dell'anno in cui il periodo di luce è più lungo di quello della notte. Lo scopo della festività era proprio festeggiare il lento ma graduale svanire delle oscurità dell'inverno e l'attesa di una stagione più gioiosa e luminosa.
Nulla si sa dei riti celebrati in questa festività in epoca repubblicana, fatta eccezione per quanto afferma Valerio Massimo (Factorum et Dictorum Memorabilium, 2, 4), secondo il quale si svolgevano dei giochi in onore della madre degli dei.
Qualcosa di più ci è noto per quanto riguarda l'epoca imperiale, in quanto sappiamo da Erodiano che si teneva una lunga e solenne processione nella quale si trasportava una grande statua della dea, di fronte alla quale si esponevano oggetti preziosi ed opere d'arte appartenenti ai più facoltosi della città ed all'Imperatore stesso.
La particolarità di questo giorno di festa era il permesso di dare vita a qualsiasi forma di scherzo o gioco, con la predilezione per il mascheramento. Ad ognuno era permesso assumere l'identità e l'aspetto di ciascuno, persino di appartenenti ad alte cariche pubbliche come i magistrati.
Le celebrazioni degli Hilaria rappresentavano l'ultimo giorno dei festeggiamenti dedicati a Cibele, il Sanguem. Occorre notare che queste festività non si trovano menzionate nei calendari Romani e nemmeno nei Fasti di Ovidio.
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We must not expect happiness. It is not something we deserve. When life goes well, it is a sudden gift; it cannot last forever.
6.16.2010
Hilaria
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