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“So, this is my life. And I want you to know that I am both happy and sad and I'm still trying to figure out how that could be.” ― Stephen Chbosky
We must not expect happiness. It is not something we deserve. When life goes well, it is a sudden gift; it cannot last forever.
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7.28.2012

@ Zoe Lacchei - Geisha Project - Geisha with Spider
@ Zoe Lacchei - Geisha Project - Geisha with the Fan

7.27.2012

The Holy Bible of the Floating World






7.25.2012

Update: my little treasure

Wooden Chopstick

"Little songs of the Geisha", by Liza Dalby
Original Post

7.24.2012

7.19.2012

My little treasure: Geishas


Dolls

Mug

Wooden coaster

chopstick

Books and the special dvd edition of Memoir of a Geisha


6.27.2012

2.26.2012

Furor m'assale se pure infrangerne dovessi l'ale


Qual farfalletta ~ 
svolazza e posa con tal grazietta ~ 
silenzïosa che di rincorrerla ~ 
furor m'assale se pure infrangerne ~ 
dovessi l'ale.


8.26.2011

Il cuore...

...muore di una morte lenta.
Perdendo ogni speranza come foglie.
Finché un giorno non ce ne sono più.
Nessuna speranza.
Non rimane nulla.

Memorie di una Geisha

The heart dies a slow death,
shedding each hope like leaves...
Until one day there are none.
No hopes.
Nothing remains.

Memoir of a Geisha

6.29.2011

La scelta del kimono

Il kimono di una geisha sono sempre meno sgargianti di quelli di una maiko, le maniche arrivano solo ai fianchi e non scendono fino alle caviglie, l’obi è meno ingombrante. La capacità di scegliere e indossare il kimono adatto è considerata arte nel mondo delle geishe. Il rito della vestizione è importante come saper dirigere la cerimonia del tè o usare il pennello del trucco. L’arte tradizionale giapponese implica la conoscenza del kata, la perfetta forma. Il suo scopo è il raggiungimento della perfezione, la perpetuazione senza modifica alcuna della tradizione. E il kata racchiude in sé anche le regole che stabiliscono l’uso del kimono a seconda dei luoghi, delle occasioni e delle stagioni. Una geisha è un’artista che si trasforma in un puro oggetto d’arte secondo i canoni della tradizione. […] E ovviamente una geisha sceglierà il kimono più adatto alla stagione: un awase a due strati di seta pesante foderata di crespo per il periodo invernale (dai tifoni settembrini fino ad aprile quando fioriscono i ciliegi), kimono più leggeri a un solo strato durante la primavera e kimono di una seta quasi trasparente chiamata ro per le afose estati. Così pure i colori (più cupi quelli invernali e più vivaci quelli estivi) e i disegni dei kimono saranno in relazione ai mesi. A titolo di esempio voglio ricordare alcune tradizionali combinazioni di colori, quali il verde pallido su viola intenso a gennaio e il rosa su sfondo azzurro ardesia per il mese di ottobre. Anche per quanto riguarda i disegni, che siano stampati come nei kimono più eleganti oppure semplicemente ricamati, vale lo stesso discorso dei colori. Una geisha sceglierà sempre kimono con fiori, piante, insetti e uccelli che evocheranno mesi e stagioni dell’anno: rami di pino a gennaio, fiori di gelso a febbraio, fiori di ciliegio in primavera, piccole trote d’estate, foglie d’acero in autunno, fiocchi di neve in inverno e via elencando. Nel mondo fatato delle geishe bisogna vivere la propria vita come se fosse un capolavoro artistico.

-Tratto da: GEISHA di Lesley Downer-

Acconciature da Maiko

Ai tempi di Edo (antica Tokyo) si riusciva a comprendere il carattere della gente semplicemente osservando il modo in cui portava i capelli. Allora c’erano stili diversi per ogni ceto sociale. I capelli ti parlavano, ti comunicavano lo status di una persona, il lavoro che svolgeva e da che parte del paese provenisse. Il mondo delle geishe è attualmente l’unico che conservi questa tradizione. Ci sono differenti stili per ogni stadio della loro carriera e a seconda delle rispettive regioni di provenienza, così come esistono diversi tipi di kimono.

Il primo stile che usano è lo ware-shinobu e sta ad indicare la giovinezza e l’ingenuità della ragazza. E’ un’acconciatura molto complicata, arricchita con nastri, ornamenti vari e fiori di seta, con un otto di capelli ben alto sulla testa.
Il secondo stile delle maiko è l’ofuku e sta ad indicare la perdita della verginità da parte della ragazza, il mizuage. Questa acconciatura è meno elaborata della prima, con i capelli annodati in basso. Le maiko solitamente iniziavano a portare i capelli in questo modo verso i tredici anni.

Dopo essere diventata maiko a tutti gli effetti, la ragazza continuava ad acconciarsi secondo lo stile ofuku. Tuttavia esistevano un altro paio di acconciature da sfoggiare nelle occasioni speciali: la yakko-shimada, per il capodanno, elegante e sfarzosa, con ramoscelli di riso essiccati, benauguranti per la fertilità della donna e per il suo futuro; e la katsuyama, che prendeva il nome dalla dipendente di un bagno pubblico vissuta secoli addietro, divenuta famosa per il suo splendido chignon. L’ultima acconciatura della maiko, in effetti piuttosto complicata, era la sakko, da portarsi durante l’ultimo mese prima della sua promozione a geisha.

-Tratto da: GEISHA di Lesley Downer-

6.28.2011

L'educazione di una geisha nell'antichità

Le fanciulle dovevano attraversare varie fasi, prima di diventare maiko e poi geisha vere e proprie, tutto questo sotto la supervisione della "oka-san", la proprietaria della casa di geisha.

Le ragazze nella prima fase di apprendimento, ossia non appena arrivano nell'okiya, sono chiamate "shikomi", e venivano subito messe a lavoro come domestiche. Il duro lavoro al quale sono sottoposte era pensato per forgiarne il carattere; alla più piccola shikomi della casa spettava il compito di attendere che tutte le geisha fossero tornate, alla sera, dai loro appuntamenti, talvolta attendendo persino le due o le tre di notte. Durante questo periodo di apprendistato, la shikomi poteva cominciare, se la oka-san lo riteneva opportuno, a frequentare le classi della scuola per geisha dell'hanamachi. Qui l'apprendista cominciava ad imparare le abilità di cui, diventata geisha, sarebbe dovuta essere maestra: suonare lo shamisen, lo shakuhachi (un flauto di bambù), o le percussioni, cantare le canzoni tipiche, eseguire la danza tradizionale, l'adeguata maniera di servire il tè e le bevande alcoliche, come il sake, come creare composizioni floreali e la calligrafia, oltre che imparare nozioni di poesia e di letteratura ed intrattenere i clienti nei ryotei.
Una volta che la ragazza era diventata abbastanza competente nelle arti delle geisha, e aveva superato un esame finale di danza, poteva essere promossa al secondo grado dell'apprendistato: "minarai". Le minarai erano sollevate dai loro incarichi domestici, poiché questo stadio di apprendimento era fondato sull'esperienza diretta. Costoro per la prima volta, aiutate dalle sorelle più anziane, imparavano le complesse tradizioni che comprendono la scelta e il metodo di indossare il kimono, e l'intrattenimento dei clienti. Le minarai, quindi, assistevano agli ozashiki (banchetti nei quali le geisha intrattevano gli ospiti) senza però partecipare attivamente; i loro kimono, infatti, ancor più elaborati di quelle delle maiko, parlavano per loro. Le minarai potevano essere invitate alle feste, ma spesso vi partecipavano come ospiti non invitate, anche se gradite, nelle occasioni nelle quali la loro "onee-san" (onee-san significa "sorella maggiore", ed è l'istruttrice delle minarai) era chiamata. Abilità come la conversazione e il giocare, non venivano insegnate a scuola, ma erano apprese dalle minarai in questo periodo, attraverso la pratica. Questo stadio durava, di solito, all'incirca un mese.

Dopo un breve periodo di tempo, cominciava per l'apprendista il terzo (e più famoso) periodo di apprendimento, chiamato "maiko". Una maiko è un'apprendista geisha, che impara dalla sua onee-san seguendola in tutti i suoi impegni. Il rapporto tra onee-san e imoto-san (che vuol dire "sorella minore") era estremamente stretto: l'insegnamento della onee-san, infatti, era molto importante per il futuro lavoro dell'apprendista, poiché la maiko doveva apprendere abilità rilevanti, come l'arte della conversazione, che a scuola non le erano state insegnate. Arrivate a questo punto, le geisha solitamente cambiavano il proprio nome con un "nome d'arte", e la onee-san spesso aiutava la sua maiko a sceglierne uno che,secondo la tradizione deve contenere la parte iniziale del suo nome che secondo lei, si sarebbe adattato alla protetta.

La lunghezza del periodo di apprendistato delle maiko poteva durare fino a cinque anni, dopo i quali la maiko veniva promossa al grado di geisha, grado che manteneva fino al suo ritiro. Sotto questa veste, adesso, la geisha poteva cominciare a ripagare il debito che, fino ad allora, aveva contratto con l'okiya; l'addestramento per diventare geisha, infatti, era molto oneroso, e la casa si accollava le spese delle sue ragazze a patto che queste, lavorando, ripagassero il loro debito. Queste somme erano spesso molto ingenti, e a volte le geisha non riuscivano mai a ripagare gli okiya.

source

11.07.2009

Memorie di una Geisha

Il cuore muore di morte lenta, perdendo ogni speranza come foglie, finché un giorno non ce ne sono più. Nessuna speranza. Non rimane nulla. Lei dipinge il viso per nascondere il viso, i suoi occhi sono acqua profonda. Non è per una geisha desiderare, non è per una geisha provare sentimenti. La geisha è un'artista del mondo che fluttua, danza, canta, intrattiene tutto quello che vorremmo. Il resto è ombra, il resto è segreto.


Memorie di una Geisha

Allora sono una mezza geisha, o in un' altra vita lo sono stata.
Non è per me desiderare nè provare sentimenti, perchè nel momento in cui mi lascio andare un pochettino ecco che arriva la batosta. Meglio vivere nel menefreghismo puro, vivere per sè stessi, far credere agli altri di essere interessati, proprio come una geisha: intrattenere, solo intrattenimento, non di più, il resto è oltre....così è nella mi vita, Solo una grande apparenza.
Essere geisha significava essere una donna libera. Da ciò deduco che è il sol modo per me di essere felice: libera e indipendente senza preoccuparmi dei sentimenti altrui ma solo dei miei....