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“So, this is my life. And I want you to know that I am both happy and sad and I'm still trying to figure out how that could be.” ― Stephen Chbosky
We must not expect happiness. It is not something we deserve. When life goes well, it is a sudden gift; it cannot last forever.

6.29.2011

La scelta del kimono

Il kimono di una geisha sono sempre meno sgargianti di quelli di una maiko, le maniche arrivano solo ai fianchi e non scendono fino alle caviglie, l’obi è meno ingombrante. La capacità di scegliere e indossare il kimono adatto è considerata arte nel mondo delle geishe. Il rito della vestizione è importante come saper dirigere la cerimonia del tè o usare il pennello del trucco. L’arte tradizionale giapponese implica la conoscenza del kata, la perfetta forma. Il suo scopo è il raggiungimento della perfezione, la perpetuazione senza modifica alcuna della tradizione. E il kata racchiude in sé anche le regole che stabiliscono l’uso del kimono a seconda dei luoghi, delle occasioni e delle stagioni. Una geisha è un’artista che si trasforma in un puro oggetto d’arte secondo i canoni della tradizione. […] E ovviamente una geisha sceglierà il kimono più adatto alla stagione: un awase a due strati di seta pesante foderata di crespo per il periodo invernale (dai tifoni settembrini fino ad aprile quando fioriscono i ciliegi), kimono più leggeri a un solo strato durante la primavera e kimono di una seta quasi trasparente chiamata ro per le afose estati. Così pure i colori (più cupi quelli invernali e più vivaci quelli estivi) e i disegni dei kimono saranno in relazione ai mesi. A titolo di esempio voglio ricordare alcune tradizionali combinazioni di colori, quali il verde pallido su viola intenso a gennaio e il rosa su sfondo azzurro ardesia per il mese di ottobre. Anche per quanto riguarda i disegni, che siano stampati come nei kimono più eleganti oppure semplicemente ricamati, vale lo stesso discorso dei colori. Una geisha sceglierà sempre kimono con fiori, piante, insetti e uccelli che evocheranno mesi e stagioni dell’anno: rami di pino a gennaio, fiori di gelso a febbraio, fiori di ciliegio in primavera, piccole trote d’estate, foglie d’acero in autunno, fiocchi di neve in inverno e via elencando. Nel mondo fatato delle geishe bisogna vivere la propria vita come se fosse un capolavoro artistico.

-Tratto da: GEISHA di Lesley Downer-

Acconciature da Maiko

Ai tempi di Edo (antica Tokyo) si riusciva a comprendere il carattere della gente semplicemente osservando il modo in cui portava i capelli. Allora c’erano stili diversi per ogni ceto sociale. I capelli ti parlavano, ti comunicavano lo status di una persona, il lavoro che svolgeva e da che parte del paese provenisse. Il mondo delle geishe è attualmente l’unico che conservi questa tradizione. Ci sono differenti stili per ogni stadio della loro carriera e a seconda delle rispettive regioni di provenienza, così come esistono diversi tipi di kimono.

Il primo stile che usano è lo ware-shinobu e sta ad indicare la giovinezza e l’ingenuità della ragazza. E’ un’acconciatura molto complicata, arricchita con nastri, ornamenti vari e fiori di seta, con un otto di capelli ben alto sulla testa.
Il secondo stile delle maiko è l’ofuku e sta ad indicare la perdita della verginità da parte della ragazza, il mizuage. Questa acconciatura è meno elaborata della prima, con i capelli annodati in basso. Le maiko solitamente iniziavano a portare i capelli in questo modo verso i tredici anni.

Dopo essere diventata maiko a tutti gli effetti, la ragazza continuava ad acconciarsi secondo lo stile ofuku. Tuttavia esistevano un altro paio di acconciature da sfoggiare nelle occasioni speciali: la yakko-shimada, per il capodanno, elegante e sfarzosa, con ramoscelli di riso essiccati, benauguranti per la fertilità della donna e per il suo futuro; e la katsuyama, che prendeva il nome dalla dipendente di un bagno pubblico vissuta secoli addietro, divenuta famosa per il suo splendido chignon. L’ultima acconciatura della maiko, in effetti piuttosto complicata, era la sakko, da portarsi durante l’ultimo mese prima della sua promozione a geisha.

-Tratto da: GEISHA di Lesley Downer-

6.28.2011

L'educazione e la cultura dei samurai

L’ educazione di un giovane samurai era divisa in due parti: il 'piccolo insegnamento' (doveri verso i genitori, doveri verso i maestri, regole di etichetta e di conversazione, musica, ecc.) e il 'grande insegnamento' che iniziava a l5 anni. Il 'grande insegnamento' prendeva il nome da un
importante libro confuciano:il Ta Hsueh, che i giapponesi chiamano Daigaku, testo considerato di rilevante valore per gli insegnamenti all'autodisciplina e alla sincerità . Il giovane doveva assiduamente studiare anche gli altri libri confuciani e inoltre conoscere i Songo, cioè¨ i trattati cinesi sull'arte della guerra. Completavano I'educazione la calligrafia, la letteratura, I'equitazione, il
tiro con I'arco ed altre arti marziali.Le capacità intellettuali erano certo tenute in considerazione, ma il vocabolo chi, usato a significare “intellettualità “, valeva ad esprimere la “saggezza” , sì che veniva assegnato un ruolo solo
subordinato al sapere intellettualistico, all'intelletto inteso cioè¨ razionalisticamente . Fu detto che il tripode su cui poggiava la struttura del bushido fosse articolato su chi,jin,yu che significano, rispettivamente:
saggezza,benevolenza, coraggio. Il centro dell'anima del samurai cadeva principalmente sull'agire. Il sapere poteva sussistere anche senza il supporto del suo agire, ed egli ne usava solo nella misura in cui il primo potesse giovare alla sua professione di uomo d'armi: mentre religione e teologia erano riconosciute dominio proprio dei sacerdoti, 1l samurai attingeva da esse
solo quel tanto che poteva nutrire il proprio coraggio - ritenendo, come un poeta inglese:
"Non essere la fede a salvare I'uomo, ma I'uomo a giustificare la fede".La filosofia e la letteratura costituivano gli elementi principali della sua educazione intellettuale, ma,pur coltivandole, il samurai non le considerava I'autentico obiettivo finale da raggiungere: si volgeva agli studi letterari principalmente come a un passatempo, e considerava gli insegnamenti filosofici un contributo alla formazione del carattere, se pure quelli non venivano utilizzati per la soluzione di qualche problema militare o politico.Un attaccamento eccessivo all'oro e alla vita induceva al disprezzo,nella stessa misura in cui l'uso generoso dell'uno e dell'altra veniva grandemente esaltato. Afferma una massima comunemente diffusa: . Per questo i samurai, sin dalla infanzia, venivano allevati nel disprezzo dell'economia, al punto di considerare di cattivo gusto persino il parlarne; l'ignoranza del valore delle diverse monete era segno di buona educazione.. Un samurai doveva conoscere i numeri per essere in grado di passare in rivista le proprie milizie e di operare la distribuzione di benefici e di feudi, ma il contar denaro era lasciato a mani vili al punto che in molti Stati feudali la finanza pubblica veniva amministrata da gentiluomini di rango inferiore a quello degli autentici samurai, oppure da sacerdoti. Chi se ne fosse posto il problema, pur nella convinzione che il denaro costituisce il fattore di forza della guerra, non mirava certo a elevare al rango di virtù l'alta considerazione di esso, e se il bushido imponeva il risparmio, ciò avveniva non tanto per esercizio di economia, quanto per esercizio di astinenza. Il lusso venendo infatti considerato la minaccia più pericolosa per la creatura umana, era richiesta al samurai la più severa
semplicità di vita.

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L'educazione di una geisha nell'antichità

Le fanciulle dovevano attraversare varie fasi, prima di diventare maiko e poi geisha vere e proprie, tutto questo sotto la supervisione della "oka-san", la proprietaria della casa di geisha.

Le ragazze nella prima fase di apprendimento, ossia non appena arrivano nell'okiya, sono chiamate "shikomi", e venivano subito messe a lavoro come domestiche. Il duro lavoro al quale sono sottoposte era pensato per forgiarne il carattere; alla più piccola shikomi della casa spettava il compito di attendere che tutte le geisha fossero tornate, alla sera, dai loro appuntamenti, talvolta attendendo persino le due o le tre di notte. Durante questo periodo di apprendistato, la shikomi poteva cominciare, se la oka-san lo riteneva opportuno, a frequentare le classi della scuola per geisha dell'hanamachi. Qui l'apprendista cominciava ad imparare le abilità di cui, diventata geisha, sarebbe dovuta essere maestra: suonare lo shamisen, lo shakuhachi (un flauto di bambù), o le percussioni, cantare le canzoni tipiche, eseguire la danza tradizionale, l'adeguata maniera di servire il tè e le bevande alcoliche, come il sake, come creare composizioni floreali e la calligrafia, oltre che imparare nozioni di poesia e di letteratura ed intrattenere i clienti nei ryotei.
Una volta che la ragazza era diventata abbastanza competente nelle arti delle geisha, e aveva superato un esame finale di danza, poteva essere promossa al secondo grado dell'apprendistato: "minarai". Le minarai erano sollevate dai loro incarichi domestici, poiché questo stadio di apprendimento era fondato sull'esperienza diretta. Costoro per la prima volta, aiutate dalle sorelle più anziane, imparavano le complesse tradizioni che comprendono la scelta e il metodo di indossare il kimono, e l'intrattenimento dei clienti. Le minarai, quindi, assistevano agli ozashiki (banchetti nei quali le geisha intrattevano gli ospiti) senza però partecipare attivamente; i loro kimono, infatti, ancor più elaborati di quelle delle maiko, parlavano per loro. Le minarai potevano essere invitate alle feste, ma spesso vi partecipavano come ospiti non invitate, anche se gradite, nelle occasioni nelle quali la loro "onee-san" (onee-san significa "sorella maggiore", ed è l'istruttrice delle minarai) era chiamata. Abilità come la conversazione e il giocare, non venivano insegnate a scuola, ma erano apprese dalle minarai in questo periodo, attraverso la pratica. Questo stadio durava, di solito, all'incirca un mese.

Dopo un breve periodo di tempo, cominciava per l'apprendista il terzo (e più famoso) periodo di apprendimento, chiamato "maiko". Una maiko è un'apprendista geisha, che impara dalla sua onee-san seguendola in tutti i suoi impegni. Il rapporto tra onee-san e imoto-san (che vuol dire "sorella minore") era estremamente stretto: l'insegnamento della onee-san, infatti, era molto importante per il futuro lavoro dell'apprendista, poiché la maiko doveva apprendere abilità rilevanti, come l'arte della conversazione, che a scuola non le erano state insegnate. Arrivate a questo punto, le geisha solitamente cambiavano il proprio nome con un "nome d'arte", e la onee-san spesso aiutava la sua maiko a sceglierne uno che,secondo la tradizione deve contenere la parte iniziale del suo nome che secondo lei, si sarebbe adattato alla protetta.

La lunghezza del periodo di apprendistato delle maiko poteva durare fino a cinque anni, dopo i quali la maiko veniva promossa al grado di geisha, grado che manteneva fino al suo ritiro. Sotto questa veste, adesso, la geisha poteva cominciare a ripagare il debito che, fino ad allora, aveva contratto con l'okiya; l'addestramento per diventare geisha, infatti, era molto oneroso, e la casa si accollava le spese delle sue ragazze a patto che queste, lavorando, ripagassero il loro debito. Queste somme erano spesso molto ingenti, e a volte le geisha non riuscivano mai a ripagare gli okiya.

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6.25.2011

E come un girasole giro intorno a te ❀




Un’antica leggenda influenzata dalla mitologia greca (che non conosceva ancora il girasole) narra che, alla sua origine è legata alla vicenda successa alla ninfa Clizia, innamorata non ricambiata di Apollo, il dio del sole, che stava seduta e lo fissava dall’alba al tramonto. Per magia, il corpo di Clizia fu trasformato in un girasole – le gambe in stelo, il volto in fiore, i capelli dorati in petali gialli – che continuò a voltarsi sempre verso il sole. In quest’ottica, diventa quindi simbolo di costanza e di fedeltà assoluta, anche da parte di un ammiratore devoto, oltre che di una persona innamorata, oppure di adorazione che sfocia nella fissazione passionale. Per i Cinesi rappresenta la longevità e, secondo il linguaggio dei fiori, esprime un messaggio di vero amore da parte di chi lo regala.

Ulteriori informazioni su : Fiore di girasole - Fiori - significato dei fiori

6.22.2011

Tattoo che vorrei


  • "Trust no bitch"
  • Stellina
  • Kanji giapponese acqua
  • Fiori di ciliegio
  • Scritta kanji giapponese "corazon prohibido"
  • "Tha ocean has been singing to me and the song is that of our life together"
  • "There is always tomorrow"
  • a mermaid
  • kanji felicità
  • kanji sunflower
  • "anything for love/you"
  • una geisha

6.15.2011

Aha!


Ignara di tutto e felicissima compro rivista di Viaggi in quanto trovo scritto Miami



Passano i giorni, le settimane e i mesi e finalmente decido di aprirla e leggerla.....e cosa trovo????? GLORIAAAAAAAAAAAAAAAAA!




6.11.2011

Hello Summer!


Se provi a volare...


Se provi a volare
ti accorgi che qualche stella sta lì per noi
e sfiorandole sei più libero
Tu lo sai che il mondo
non ti accetta mai per quello che sei
e allunga le distanze
per dividerci
Ma se tu mi sarai accanto, io cic rederò

Se provi a volare
ti accorgi che qualche stella sta lì per noi
e sfiorandole sei più libero,
sei più libero.

E la senti forte,
come un’onda blu dell’oceano
un sentimento enorme,
proprio dentro te
Stringimi la mano ed io non ti lascerò

Se provi a volare
ti accorgi che qualche stella sta lì per noi
e sfiorandole sei più libero,
sei più libero.

E corri, dai tutto per essere
fino infondo quello che vuoi.
E se ce la fai,
sei più libero, sei più libero

"Ed io in te, crederò,
se vorrai ci sarò,
canteremo per il mondo,
che se vuoi, ce la fai
lo amerò, lo amerai
perchè tu sei libero"

Se provi a volare
ti accorgi che qualche stella sta lì per noi
e sfiorandole sei più libero,
sei più libero.

E corri, dai tutto per essere
fino infondo quello che vuoi.
E se ce la fai,
sei più libero, sei più libero

Tu lo sai che il mondo
non ti accettà mai
per quello che sei.